Cohousing: l'esperienza di vivere in una casa comune come negli anni '60
Condividere spazi della vita quotidiana per ottenere benefici economici, ecologici e sociali: dopo il carpooling, il couchsurfing, gli scambi di appartamenti per le vacanze, l'ultima frontiera della sharing economy si chiama cohousing. Una vera novità? Più che altro un ritorno al passato, visto che l'esperienza di abitare in case comuni risale almeno alla metà degli anni Sessanta. Allora però a incentivare giovani e meno giovani a dare il via a esperimenti comunitari più o meno radicali erano il rifiuto del sistema, la ricerca di strutture alternative a quelle della famiglia tradizionale.
Adesso, chi sceglie il cohousing lo fa per le motivazioni più disparate: i giovani affrontano meglio il caro-affitti, i più anziani scongiurano il rischio di rimanere soli (e all'occorrenza possono dividere con i coetanei le spese per l'assistenza medica), le famiglie con bambini si danno i turni per badare ai più piccoli. Programmare insieme i pasti o condividere l'auto per andare al lavoro, inoltre, diminuisce gli sprechi e fa abbassare sensibilmente i costi per la spesa e le bollette.
Il vantaggio più importante per tutti, però, è che si crea una rete di protezione sociale - oggi spesso sfaldata nelle nostre città - in cui ogni membro si prende cura degli altri e nessuno è abbandonato a se stesso. La privacy è garantita (ad ognuno i suoi spazi), ma il modello prevede la partecipazione di ciascuno alle decisioni che coinvolgono il gruppo e il contributo di tutti al buon andamento della convivenza.
Nato nei Paesi scandinavi, il cohousing continua ancora oggi a essere piuttosto diffuso nel nord Europa (si calcola ad esempio che lo scelga circa l'8% dei danesi), così come Australia e Usa. L'esperimento più ambizioso, però, è forse lo Stratford Collective di Londra. Quando sarà pronto, nel 2018, sarà un grattacielo di 30 piani, costruito con tecniche ecosostenibili e composto da 330 nuove abitazioni e 223 spazi comuni: cucine condivise attrezzate, una biblioteca con aule studio, un teatro, un centro benessere, una palestra e persino un giardino sul tetto. In cima e al piano terra, un ristorante e spazi culturali e commerciali, compresa un'area di coworking per giovani imprenditori.
Anche in Italia, comunque, iniziano a nascere piccole comunità abitative. Ti piacerebbe saperne di più? La rete nazionale cohousing raccoglie le esperienze attive sul territorio nazionale e ti consiglia i professionisti giusti a cui rivolgerti per avere assistenza, dall'architetto al commercialista. Senza dimenticare la figura del "facilitatore", che promuove il dialogo fra cohousers e media in caso di conflitto, per evitare che alla prima difficoltà inizino a volare parole forti e... magari anche qualche piatto!
di: Personal Dreamer