Marrakech Express: emblematica fotografia di una generazione alla ricerca di se stessa

Secondo la critica, "Marrakech Express", la pellicola di Gabriele Salvatores, è un "film fotografia dell'ultima generazione in grado di credere nei sogni". Si tratta di una sorta di antesignano dei "road-movie", girato nel 1989, i cui temi, dal viaggio alla fuga dalla realtà, nonostante siano passati tanti anni, riescono ancora ad essere estremamente attuali.
La vicenda è ambientata nella Milano degli anni Ottanta. Marco, un giovane ingegnere, riceve la visita di Teresa, una sconosciuta che si presenta come la fidanzata di Rudy, ex compagno di università di Marco, chiedendo un'ingente somma di denaro finalizzata a fare uscire dal carcere l'amato. Stando alle parole di Teresa, Rudy rischia vent'anni di reclusione per detenzione di hashish a Marrakech, in Marocco. L'unico modo per salvarlo dalla galera sta nel raccogliere trenta milioni di lire e, con essi, corrompere un giudice. Marco, non disponendo della somma richiesta, decide di coinvolgere i vecchi amici dei tempi dell'università. Ecco quindi che si ricompone la vecchia comitiva, formata da Maurizio Ponchia, Paolino e Cedro. I dubbi e le perplessità sono tante, ma il gruppo decide ugualmente di mettere assieme i propri risparmi e dare inizio all'avventuroso viaggio in direzione del Marocco. Una volta giunti a destinazione, i quattro scoprono che i soldi non erano destinati al rilascio di Rudy dal carcere, ma servivano in realtà a ben altro.
Ma il bello del film non è tanto quanto succede alla fine, ma piuttosto quello che accade nel corso del viaggio. Partire in direzione del Marocco diventa per il gruppo di ex universitari un'occasione per riallacciare vecchi rapporti di amicizia, logorati da antiche gelosie, dall'individualismo e dal passare del tempo, e ricomporre dopo anni un gruppo che tornerà ad essere affiatato come ai vecchi tempi. Tutte le vicende, inoltre, sono accompagnate da una splendida colonna sonora, basata su brani del chitarrista blues italiano Roberto Ciotti, perfetti per sottolineare l'atmosfera "on the road" della vicenda.
Insieme a "Mediterraneo", "Turné" e "Puerto Escondido", questo film forma la "tetralogia della fuga", un ciclo di pellicole del regista nelle quali risulta dominante la voglia di evadere da una realtà un po' troppo ingombrante. Ognuno dei film citati, ne siamo sicuri, ti farà di certo innamorare del suo regista. In queste pellicole Salvatores è stato infatti in grado di fotografare in modo magistrale quelle sensazioni e quelle situazioni che l'essere umano si trova ad affrontare almeno una volta. Uno di quei momenti in cui ci si sente stanchi di vivere all'interno di un'esistenza che non si sente più propria, troppo limitante e troppo ordinaria. Se desideri saperne di più, perché non accomodarti sul divano e goderti questo film?
di: Personal Dreamer